“Eliminazione progressiva” e rinascita dell’energia nucleare: concetti chiave per comprendere la 28ª Conferenza delle Parti sul clima (Cop28)

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"Eliminazione progressiva" e rinascita dell'energia nucleare: concetti chiave per comprendere la 28ª Conferenza delle Parti sul clima (Cop28)

Il tempo sta scadendo, e mentre la conferenza sul clima a Dubai è in corso, c’è la possibilità che non si arrivi a nessun tipo di accordo. Nel frattempo, il dibattito sul clima sta assumendo anche connotazioni linguistiche.

Il tempo sta scorrendo inesorabilmente, e durante l’attuale Cop28 a Dubai, emergono le difficoltà nel raggiungere un accordo concreto. Le tensioni tra i paesi occidentali e il resto del mondo rimangono evidenti. Il segretario generale dell’ONU, Guterres, ha sottolineato la crucialità degli anni a venire, sottolineando che le parole da sole non sono sufficienti. “Molti paesi in via di sviluppo stanno affrontando un pesante debito, non hanno margini di bilancio e sono alle prese con il caos climatico. Abbiamo bisogno che gli impegni finanziari e di adattamento presi dai paesi sviluppati siano rispettati in modo completo e trasparente”, ha dichiarato ai giornalisti. Tuttavia, anche sul piano del linguaggio, emergono frizioni difficilmente conciliabili.

“Phase Out” e “Unbeated”: due concetti chiave per comprendere la situazione

Il termine chiave da tenere d’occhio è “Phase Out”, che indica l’eliminazione delle fonti fossili. Questo sembrerebbe essere il requisito minimo in un mondo che sembra aver quasi dimenticato gli obiettivi dell’Accordo di Parigi. Gli scienziati avvertono che entro il 2027, c’è un’alta probabilità che la temperatura globale superi i +1,5°C rispetto all’era pre-industriale. Tuttavia, la lotta contro le fonti fossili rimane oggetto di dibattito, che spesso assume anche una dimensione “lessicale”. Chi subisce direttamente gli effetti del cambiamento climatico globale, come molti piccoli stati insulari del Pacifico, chiede azioni immediate e concrete. Tuttavia, tali richieste vengono ostacolate dai principali produttori di petrolio del Medio Oriente, così come da Iran, India e Russia.

In una versione preliminare datata 8 dicembre 2023, veniva richiesta “la graduale eliminazione (phase out) delle fonti fossili in conformità con le indicazioni scientifiche”. Alcune proposte erano invece più indulgenti, esprimendo un orientamento generico. Tuttavia, emergeva anche l’introduzione del concetto di “combustibili fossili non abbattuti”, un termine di grande rilevanza per l’industria delle fonti fossili.

"Eliminazione progressiva" e rinascita dell'energia nucleare: concetti chiave per comprendere la 28ª Conferenza delle Parti sul clima (Cop28)
Un estratto del progetto di accordo, con varie opzioni ancora in considerazione, è stato reso disponibile lo scorso giovedì 8 dicembre 2023.

 

L’anidride carbonica emessa dai processi di combustione può attualmente essere catturata e immagazzinata, una tecnologia su cui l’Italia sta investendo, ma sulla quale persistono dubbi riguardo all’impatto ambientale. Si tratta di una tecnologia ancora in fase embrionale, con pochi impianti operativi a livello globale, ma oggetto di consistenti investimenti da parte di nazioni di rilievo, tra cui Germania e Danimarca. Qual è il problema principale? Fondamentalmente, il documento non specifica la quantità di CO₂ da immagazzinare, e c’è il rischio che tali sistemi diventino una sorta di “coperta di Linus” che consente agli Stati di continuare a inquinare. In altre parole, senza fissare standard precisi e rigorosi, potrebbe essere sufficiente catturare una piccola frazione di anidride carbonica per ottemperare agli accordi di Dubai, a discapito dell’eliminazione delle fonti energetiche fossili.

Ma mentre le trattative stagnano, i tempi non sono favorevoli alla prudenza: ci dirigiamo verso un aumento delle temperature di 2.6 gradi nei prossimi anni. Per contrastare questa tendenza, sarebbe necessario ridurre le emissioni del 43% entro il 2030 e del 60% entro il 2035, secondo l’UNFCCC, la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici.

Inoltre, sullo sfondo della conferenza si prospetta uno scenario peggiore, ma altrettanto probabile: l’assenza di un accordo. In fondo, è proprio sulla riduzione delle fonti di energia fossile che si gioca la partita principale, e c’è la tentazione di evitare questo capitolo. Quando il G20 si è impegnato a settembre a sostenere gli sforzi per triplicare le energie rinnovabili, la dichiarazione finale ha mantenuto il silenzio sul destino delle principali fonti di combustibile attualmente in uso.

Se la considerazione dell’energia nucleare non è più emarginata

Indipendentemente dall’esito, la Cop28 ha riportato in auge una parola che non si sentiva nominare da anni: “nucleare”. Dopo l’incidente di Fukushima nel 2011 e quasi 40 anni dopo lo spettro di Chernobyl, si sta riparlare attivamente dell’energia nucleare come possibile risorsa per agevolare il passaggio all’abbandono delle fonti fossili. La spinta principale è giunta dal delegato americano John Kerry, che ha affermato che “è improbabile raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050 senza il nucleare”.

Anche il presidente francese Macron ha sostenuto attivamente l’energia atomica, definendola un’energia pulita. La Francia è uno dei principali attori mondiali nel settore dell’energia nucleare, e collegare questa fonte energetica al processo di “transizione energetica” è un obiettivo allettante. Paesi come Giappone, Corea del Sud, Ghana ed Emirati Arabi Uniti, tutti favorevoli all’energia nucleare, hanno recentemente costruito la loro prima centrale.

Molti di questi paesi stanno ora facendo pressione per includere l’energia nucleare nella dichiarazione finale, affiancandola alle energie rinnovabili, per contrastare il cambiamento climatico. Tuttavia, il dibattito sulla “pulizia” o meno di queste fonti, nelle attuali condizioni, rimane aperto. Nel frattempo, ventidue paesi provenienti da quattro continenti, con una dichiarazione congiunta, hanno annunciato l’intenzione di triplicare la produzione di energia nucleare entro il 2050 per affrontare il cambiamento climatico.

 

La “Riduzione graduale” e la contrapposizione tra paesi più sviluppati e meno sviluppati

Nonostante lo stallo attuale, è significativo notare che oltre 100 paesi nel mondo stanno valutando un progressivo abbandono dei combustibili fossili, un passo che potrebbe rivelarsi storico. La decisione, tuttavia, giace nelle mani dei due giganti globali: Cina e Stati Uniti. Recentemente, l’Inviato speciale di Pechino per il clima, Xie Zhenhua, ha condotto ampie discussioni con il suo omologo americano.

La disputa si concentra principalmente tra i paesi più sviluppati e quelli meno sviluppati del Sud del mondo. Molti tra questi ultimi riconoscono che un abbandono repentino delle fonti fossili potrebbe danneggiare le loro economie e auspicano che i paesi più ricchi riconoscano il loro maggiore contributo all’inquinamento da idrocarburi. Come possibile conseguenza di una simile ammissione, si prospetta un “Ridimensionamento graduale”, ovvero una decelerazione progressiva dell’uso di fonti fossili che coinvolgerebbe in primo luogo le nazioni che hanno finora causato un maggiore impatto ambientale, ovvero l’interoccidente.

Come alternativa, i paesi più prosperi, che hanno tratto i maggiori benefici dall’avanzamento della civiltà industriale sostenuta dall’industria dei combustibili fossili, dovrebbero fornire un adeguato sostegno finanziario alle nazioni che attualmente dipendono da tecnologie obsolete, come il carbone, per intraprendere una transizione. Questa posizione è in linea con le aspirazioni espresse dal segretario generale delle Nazioni Unite, Guterres, il quale ha dichiarato che il raddoppio dei finanziamenti per l’adattamento a 40 miliardi di dollari entro il 2025 dovrebbe rappresentare solo il primo passo verso l’allocazione di almeno la metà di tutti i finanziamenti per il clima verso l’adattamento. Tuttavia, molti sostengono che le risorse finanziarie necessarie per una vera transizione potrebbero dover essere notevolmente superiori.

La contraddizione evidente emerge nell’ultima versione del documento d’accordo, ridotta da 27 a 21 pagine e diffusa oggi, lunedì 11 dicembre 2023, dalla presidenza della Cop28 a Dubai. Questa bozza non fa più riferimento all’uscita dai combustibili fossili, ma piuttosto parla di “riduzione”. Tale prospettiva ha scatenato la rabbia di molti stati che stanno subendo direttamente le conseguenze del cambiamento climatico, come evidenziato dalla reazione di John Silk, ministro delle risorse naturali delle Isole Marshall, un gruppo di atolli e isole minacciati direttamente dall’innalzamento del livello del mare e dagli eventi climatici estremi causati dal cambiamento climatico.

"Eliminazione progressiva" e rinascita dell'energia nucleare: concetti chiave per comprendere la 28ª Conferenza delle Parti sul clima (Cop28)

Nella nuova bozza si riconosce l’urgente necessità di una riduzione significativa, rapida e equa sia nel consumo che nella produzione di combustibili fossili, con l’obiettivo di raggiungere lo zero netto entro, o prima, il 2050, come raccomandato dalla comunità scientifica. Tuttavia, è importante notare la scelta della parola “riduzione”, che non equivale a “eliminazione”.

Questo evidenzia la complessità della lotta in corso tra gli stati e i gruppi di pressione, un confronto che si preannuncia più arduo che mai, soprattutto in attesa della dichiarazione finale prevista per domani, martedì 12 dicembre.