Di cosa si tratta con queste abitazioni da ristrutturare? È una questione che emerge dall’Europa

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Di cosa si tratta con queste abitazioni da ristrutturare? È una questione che emerge dall'Europa

Una recente direttiva dell’Unione Europea è stata approvata con l’obiettivo di migliorare l’efficienza energetica degli edifici, riducendo così l’inquinamento. Tuttavia, ciò solleva domande su quali edifici saranno interessati, quando saranno necessari i lavori e chi ne coprirà i costi.

 

Con l’approvazione da parte del Parlamento europeo della nuova direttiva sulle Case Verdi, che coinvolgerà gli edifici in tutta l’Europa, inizia in Italia l’analisi su quanti immobili dovranno essere ristrutturati, quanto costerà l’intervento e, soprattutto, il dibattito su chi dovrebbe sostenere tali spese: i cittadini o lo Stato. Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza.

Nuovo edifici

La direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia europea (Energy Performance of Buildings Directive, Epbd), introdurrà nuovi standard per gli edifici dei 27 Stati membri, al fine di renderli più efficienti dal punto di vista energetico e quindi meno inquinanti. In primo luogo, stabilisce che tutti gli edifici residenziali o di proprietà privata che saranno costruiti a partire dal 2030 dovranno essere a emissioni zero. Per gli edifici occupati dalle autorità pubbliche in affitto o di loro proprietà, tale obbligo scatterà dal 2028. Si tratta di un cambiamento significativo, considerando che attualmente, secondo le stime dell’Enea, solo lo 0,5% di tutti gli edifici che possiedono un Attestato di prestazione energetica (APE) in Italia sono Nzeb, ovvero Edifici a Energia Quasi Zero.

Ristrutturazione di edifici residenziali

Per quanto riguarda gli edifici già esistenti e quindi da ristrutturare, l’obiettivo è quello di renderli tutti a emissioni zero entro il 2050, in un arco temporale di 25 anni, anche se vi sono varie eccezioni che verranno esaminate in seguito. Il testo chiede un approccio medio sull’intero patrimonio edilizio dell’Unione Europea e stabilisce obiettivi generali, lasciando ai vari governi flessibilità nel decidere come attuarli. I Paesi dovranno assicurare che il consumo medio di energia primaria dell’intero parco immobiliare residenziale diminuisca di almeno il 16% entro il 2030 (rispetto al 2020), per poi ridursi di almeno il 20-22% entro il 2035. Gli edifici dovranno tendere sempre più verso l’impatto zero, con infissi che minimizzano le dispersioni di calore, muri ben isolati, sistemi di riscaldamento ecologici e, se possibile, l’installazione di pannelli fotovoltaici (sebbene questi ultimi non siano obbligatori nelle ristrutturazioni). Gli Stati membri avranno autonomia nella scelta dei metodi per raggiungere gli obiettivi europei, ma riceveranno comunque indicazioni sulle priorità da seguire.

Almeno il 55% della riduzione del consumo medio di energia primaria dovrà essere ottenuto tramite la ristrutturazione del 43% degli edifici residenziali con le prestazioni energetiche più basse. Questo implica che bisognerà iniziare con gli edifici che attualmente hanno le classificazioni energetiche più scadenti, ovvero quelli più vecchi e meno efficienti. Secondo l’Associazione Nazionale Costruttori Edili (Ance), in Italia ci sono circa 12,2 milioni di edifici abitativi, di cui oltre il 70% ha superato i 40 anni di età media, momento in cui diventano necessari interventi di manutenzione. Molti di questi edifici sono quindi anziani e poco efficienti dal punto di vista energetico. Tra i 12,2 milioni di edifici residenziali, circa 9 milioni si trovano attualmente nelle classi energetiche più basse (E, F e G), che rappresentano circa il 73% del patrimonio immobiliare residenziale.

Tuttavia, al momento è difficile fare calcoli precisi per due motivi principali. In primo luogo, non tutti gli edifici italiani dispongono di un certificato di prestazione energetica (APE), quindi non siamo certi del numero esatto di edifici che rientrano in ciascuna categoria e le stime non sono precise. Secondariamente, l’Enea ha riportato che nel 2022 sono stati redatti 1.322.638 certificati APE in Italia (tra edifici residenziali e pubblici), nel 2021 sono stati 1.298.567 e nel 2020 1.080.260, per un totale di quasi quattro milioni, corrispondenti a circa un terzo del totale del patrimonio immobiliare.

Di cosa si tratta con queste abitazioni da ristrutturare? È una questione che emerge dall'EuropaLe valutazioni fatte dall’Associazione Nazionale Costruttori Edili (Ance) riguardo alle categorie energetiche degli edifici in Italia.

 

Un’altra ragione per cui risulta difficile effettuare calcoli precisi è il fatto che gli Stati europei hanno concordato, con questa nuova direttiva, di standardizzare le categorie di prestazione energetica, attualmente differenziate da Paese a Paese. Di conseguenza, è probabile che le classi energetiche subiscano delle modifiche. Secondo le stime dell’Associazione Nazionale Costruttori Edili (Ance), nella nuova classificazione proposta dalla Commissione europea, le classi energetiche peggiori, secondo quanto affermato da Bruxelles (quelle che saranno considerate prioritariamente per i lavori di riqualificazione), corrispondono attualmente alle classi F e G, che comprendono rispettivamente circa due milioni e 74 mila abitazioni e un milione e 830 mila abitazioni. In totale, si tratta di quasi quattro milioni di edifici. Se considerassimo anche le abitazioni in classe E (che comunque, prima o poi, dovranno essere ristrutturate, anche se non necessariamente nella fase iniziale entro il 2035), dovremmo aggiungere altre circa due milioni di unità, portando il totale a sei milioni. Tuttavia, vi sono delle eccezioni da tenere in considerazione.

Eccezioni

Nel documento sono incluse una serie di situazioni eccezionali. La principale riguarda le residenze utilizzate solo per scopi vacanzieri, poiché la direttiva specifica che non si applicherà agli appartamenti “utilizzati per meno di quattro mesi all’anno”. Queste residenze possono essere classificate anche come classe G senza necessità di ristrutturazione. Inoltre, i Paesi membri avranno la facoltà di escludere gli edifici protetti per il loro valore architettonico o storico, edifici tecnici, luoghi di culto e edifici agricoli. Questa disposizione permette all’Italia di preservare edifici che, pur non essendo efficienti dal punto di vista energetico, rappresentano un importante patrimonio nazionale.

Responsabilità dei costi

La direttiva non specifica chi sarà responsabile degli investimenti, lasciando agli Stati membri la decisione di sostenerli tramite fondi pubblici o meno. Tuttavia, suggerisce una serie di incentivi finanziari e agevolazioni fiscali e sostiene che “l’introduzione di norme minime di prestazione energetica dovrebbe essere accompagnata da un quadro favorevole che comprenda assistenza tecnica e misure finanziarie, in particolare per le famiglie vulnerabili”. Ad esempio, sebbene sia vietato dal 2025 l’uso di sovvenzioni per l’installazione di caldaie a gas o metano, impedendo così il rinnovo degli eco-bonus in Italia, il governo italiano potrebbe fornire tali incentivi per gli impianti ibridi, consentiti dalla normativa. Allo stesso modo, se vi fosse la volontà e i fondi disponibili, potrebbero essere previsti contributi per le spese di ristrutturazione, l’isolamento dei muri, l’installazione di nuove finestre e così via.